Prodotti alimentari contenenti Cannabinoidi
Facciamo chiarezza sulle ultime novità legislative nazionali e comunitarie.
Dopo le ultime sentenze della Corte di Cassazione Italiana circa i prodotti alimentari contenenti cannabinoidi, nonché la comunicazione relativa alla commercializzazione dei prodotti alimentari contenenti cannabinoidi, vogliamo fare il punto della situazione sull’utilizzo dei prodotti derivanti dalle piante di canapa.
A livello economico i prodotti a base di canapa e derivati rappresentano un business non trascurabile sia in Italia che in Europa dove molti stati membri hanno da tempo legiferato sull’utilizzo di prodotti alimentari contenenti cannabinoidi, tuttavia le posizioni dei vari legiferatori sono discordanti ed a volte poco chiare soprattutto a livelli di limiti in merito alla presenza dei due principi THC e CBD.

I principi attivi della Cannabis
Ma cosa rende così problematica la commercializzazione dei prodotti alimentari contenenti cannabinoidi? La pianta comunemente conosciuta come Cannabis, genera una serie di derivati contenenti fino a 60 cannabinoidi, 100 terpenoidi, e 20 flavonoidi. I due maggiori cannabinoidi contenuti nella cannabis sono il THC o Delta-9-tetraidrocannabinolo e il CBD o 2-[(1R,6R)-3-METIL-6-(PROP-1-EN-2-IL) CICLOES-2-ENIL]-5-PENTILBENZEN-1,3-DIOLO o Cannabidiolo.
Tali composti, fra gli altri, sono la causa di dibattiti sia culturali che legali ormai decennali circa gli effetti negativi e positivi che generano sull’utilizzatore nonché sulle proprietà farmacologiche.
THC o Delta-9-tetraidrocannabinolo
Il THC (CAS Number 1972-08-3) è il più conosciuto ed è il principale responsabile degli effetti psicoattivi sul consumatore (comunemente noto come “effetto high” provocato dalla marijuana), motivo per cui la sua presenza rende di fatto illegale la cannabis e i suoi derivati in molti paesi. Gli effetti sulla psiche sono direttamente proporzionali alle concentrazioni di assunzione e generano normalmente sensazioni di euforia, rilassamento, appesantimento e accrescimento dell’appetito. Tuttavia, pur considerato un composto psicoattivo, il THC ha dimostrato anche interessanti proprietà in campo medicale per fini terapeutici contro malattie croniche, offrendo sollievo dal dolore senza causare danni collaterali nel tempo.
CBD o CANNABIDIOLO
Il CBD (CAS number 13956-29-1) è un cannabinoide metabolita della Cannabis sativa che ha proprietà diverse dal THC al quale spesso viene associato. La principale differenza è che il CBD non è un composto psicoattivo e quindi non causa alcun “effetto high” sul consumatore. Questo fattore lo rende interessante da un punto di vista medico come potenziale terapeuta di malattie croniche, ha già dimostrato applicazioni positive verso la cura della schizofrenia, dell’ansia sociale e della depressione, il CBD trova applicazione anche nel trattamento di infiammazioni, emicranie, artriti e spasmi muscolari. L’errata e comune associazione con il THC ha però rallentato le sue applicazioni e di concerto gli studi clinici che sono ancora agli inizi. Il CBD viene però reputato sicuro e quindi legale da un punto di vista della vendita e del commercio ed è di fatto acquistabile.

Aspetti giuridici nazionali
Il legislatore Italiano ha emanato nel 2016 la legge 242 che indica i riferimenti per la promozione e la coltivazione a livello agroindustriale relativamente alla canapa (si definiscono anche le specie autorizzate) al fine di supportare un mercato che, numeri alla mano, rappresenta un business. Le attività di coltivazione ed utilizzo delle specie di canapa autorizzate sono concesse solo nei casi in cui il contenuto di THC sia inferiore allo 0,2%, non indicano però i valori o limiti relativamente al CBD.
Tale composto è stato preso in esame con un parere nel 2018 dal Ministero della Salute che non ne ha osteggiato il suo utilizzo come CBD ma solo nella sua forma THC contenenti effetti psicotrofi nocivi, non sono però state fornite ulteriori indicazioni in merito alle concentrazioni di CBD nei prodotti in commercio.
Ad oggi la posizione del Ministero della Salute è quello di considerare tale composto come farmaco e quindi la sua autorizzazione ricadrebbe sotto l’AIFA, nonostante l’OMS in una comunicazione del 13 dicembre 2017 dichiara che “in base alle informazioni attuali un inserimento del CBD nelle tabelle internazionali dei farmaci psicotropi e narcotici non sarebbe giustificato“.
Seppur AIFA condivida il punto di vista del Ministero della Salute ad oggi non risulta una posizione ufficiale e quindi a livello legislativo confermiamo i soli limiti di utilizzo di THC per i prodotti alimentari contenenti Cannabinoidi.
La sentenza della cassazione n. 30475 del 10 luglio 2019
In Italia l’ultima sentenza della cassazione n. 30475 del 10 luglio 2019 sull’utilizzo della Cannabis e derivati, ha preso una netta posizione nei confronti dei prodotti alimentari contenenti cannabinoidi. Nei precedenti avvicendamenti la questione della prima sentenza era stata rimessa alla corte delle Sezioni Unite alla quale era stato posto il quesito «se le condotte di coltivazione di canapa delle varietà di cui al catalogo indicato nell’art. 1 comma 2 della legge 242 del 2016 e, in particolare, la commercializzazione di cannabis sativa L. rientrino o meno, e se si, in quali eventuali limiti, nell’ambito di applicabilità delle predette legge e siano, pertanto, penalmente irrilevanti ai sensi di tale normativa».
Nella sentenza n. 30475, del 10 luglio 2019, le Sezioni Unite hanno affermato quanto di seguito:
«la commercializzazione al pubblico di cannabis sativa L. e, in particolare, di foglie, inflorescenze, olio, resina, ottenuti dalla coltivazione della predetta varietà di canapa, non rientra nell’ambito di applicabilità della legge n. 242 del 2016, che qualifica come lecita unicamente l’attività di coltivazione di canapa delle varietà ammesse e iscritte nel Catalogo comune delle varietà delle specie di piante agricole, ai sensi dell’art. 17 della direttiva 2002/53/CE del Consiglio, del 13 giugno 2002 e che elenca tassativamente i derivati dalla predetta coltivazione che possono essere commercializzati, sicché la cessione, la vendita e, in genere, la commercializzazione al pubblico dei derivati della coltivazione di cannabis sativa L., quali foglie, inflorescenze, olio, resina, sono condotte che integrano il reato di cui all’art. 73, d.P.R. n. 309/1990, anche a fronte di un contenuto di THC inferiore ai valori indicati dall’art. 4, commi 5 e 7, legge n. 242 del 2016, salvo che tali derivati siano, in concreto, privi di ogni efficacia drogante o psicotropa, secondo il principio di offensività».

La situazione negli altri stati membri.
Oltre alla situazione Italiana però sono molti gli stati membri delle UE in cui la posizione dei prodotti alimentari a base di cannabinoidi non è chiara ma soprattutto manca una comune visione ed un comune approccio da parte dei legislatori e delle autorità di controllo.
La situazione tedesca risulta essere quella più chiara da un punto di vista di approccio ufficiale. La BVL, l’ufficio federale per la Protezione dei Consumatori e la Sicurezza Alimentare considera i prodotti alimentari contenenti Cannabinoidi come Novel Food, sulla base del fatto che la sostanza CBD non ha una significativa storicità come alimento prima del 1997. Tale approccio fortemente cautelativo porta a dichiarare in Germania, gli alimenti contenenti Cannabinoidi, non regolari e quindi la loro commercializzazione non è autorizzata legalmente a meno che non si segua la procedura di gestione prevista dal Regolamento UE 2015/2283 relativo ai nuovi alimenti “novel food”.
Un ulteriore fattore limitante ad una commercializzazione standard dei prodotti alimentari contenenti cannabinoidi, è legata alla proprietà intrinseche del CBD ovvero dei sui effetti sulla salute. Il CBD infatti è accreditato come ansiolitico, antipsicotico, anticonvulsivo, antiinfiammatorio, e sedativo oltre che in possesso di proprietà neuro protettive.
Tutte queste caratteristiche portano, almeno in Germania, a considerare il cannabinoide CBD come prodotto soggetto a prescrizione medica (l’obbligo è in vigore dal 1/10/2016). Il caso di commercializzazione di prodotti alimentari contenenti cannabinoidi, senza una prescrizione medica è possibile fatto salvo un’evidenza oggettiva da parte del produttore che l’alimento (es birra) non possegga le sopra citate proprietà.
Premesso questo, la commercializzazione di prodotti alimentari contenenti cannabinoidi rimane ad oggi non consentita nonostante casi già noti e tornati occasionamente sulla questione a causa di sequestri da parte delle autorità sfociati poi in assoluzioni.
In Francia la commercializzazione di prodotti alimentari contenenti cannabinoidi non ha un invece un quadro legislativo chiaro ed il settore è quindi soggetto a periodici provvedimenti giudiziari per altro spesso conclusi, anche in questo caso, con l’assoluzione degli imputati. Nonostante la coltivazione della canapa sia autorizzata a scopo industriale, il successivo utilizzo delle inflorenscenze, contenenti CBD, per la realizzazione di prodotti alimentari contenenti cannabinoidi resta nel vuoto normativo contribuendo a creare incertezza nella filiera.
In assenza di un quadro legislativo chiaro è ipotizzabile che anche la Francia segua l’approccio tedesco relativamente alla gestione dei prodotti alimentari contenenti cannabinoidi, ovvero la classificazione di tali Novel Food.
Seppur con la brexit alle porte, la Gran Bretagna invece segue ancora i dettami della UE ma l’approccio delle autorità verso i prodotti alimentari contenenti cannabinoidi è quello di considerarli, anche in questo caso, come Novel food. Pertanto fatto salvo i prodotti commercializzati prima del 14 maggio 1997, il cui consumo è autorizzato, i prodotti alimentari contenenti annabinoidi immessi sul mercato a posteri della suddetta data, sono da considerarsi illegali se non vi è una formale autorizzazione. Attualmente la Food Safety Authority (FSA) non ha assunto alcuna posizione ufficiale mentre è probabile che sarà concesso un periodo di transizione per produttori e venditori dove non saranno applicate sanzioni. Al termine di questo lasso temporale in assenza di una chiara normativa armonizzata è probabile che la Gran Bretagna decida di vietare la vendita dei prodotti alimentari contenti cannabonoidi.
Diverso ancora è l’approccio della Danimarca che ha avviato a partire da Gennaio 2018 un progetto della durata di 4 anni al fine di studiate l’utilizzo della Cannabis a scopo medicale. Sulla base delle valutazioni effettuate dall’OMS e di alcune richieste da parte degli organi di controllo ufficiale, anche l’agenzia Danese per la medicina (Danish Medicines Agency) ha iniziato a valutare una precisa collocazione dei prodotti contenenti CBD come alimenti o come medicinali.
Gli esiti di tale ricerca se, dovessero portare a considerare i derivati della pianta di canapa come alimenti, sarebbero a questo punto inseriti come Novel Food, aprendo di fatto le porte a livello UE ad un nuovo utilizzo, legale, di tali prodotti.
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