SENZA GLUTINE E REQUISITI INTERNAZIONALI

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I prodotti senza glutine non vengono regolati da una normativa armonizzata ed è difficile rispettare i requisiti.

BRCGS ha riportato un interessante articolo del Food Safety Magazine, nel quale analizzano i requisiti internazionali relativi ai prodotti senza glutine. In particolare, le differenze esistenti tra i requisiti dei diversi Paesi.

L’articolo parte dal presupposto che la diffusione dei prodotti privi di glutine ha avuto un impatto diverso nei diversi Paesi. Questo perché il loro consumo è diverso nei vari Paesi e, conseguentemente, le reazioni di allergia, intolleranza e/o sensibilità a questo allergene risultano molto diverse. Come esempio, l’articolo riporta i Paesi asiatici e del Medio Oriente, all’interno dei quali il consumo “recente” di prodotti contenenti glutine è direttamente correlato all’aumento di patologie e disturbi ad essi legati. Questo spiega in parte il motivo per cui il mercato dei prodotti senza glutine è, in molti Paesi, ancora acerbo.

L’articolo si focalizza sul fatto che, fino a poco tempo fa, l’esportazione di questi prodotti in altri Paesi risultava un’eccezione per i produttori USA. Ciò era dovuto sia a errate valutazioni e confusione sulla prevalenza e l’incidenza della celiachia, sia all’espansione del mercato interno ma, soprattutto, per la confusione causata dalle normative vigenti in materia. Tutti questi elementi hanno portato i produttori a credere che questo mercato avesse più da perdere che da guadagnare.

Come sappiamo molto bene in Italia, l’incidenza della celiachia è in crescita e il mercato del senza glutine attira sempre più consumatori anche per modifiche apportate alla dieta.

L’articolo è, ovviamente, scritto in un’ottica statunitense; tuttavia, è possibile generalizzarlo, poiché i requisiti che vengono riportati come necessari per l’esportazione con successo dei prodotti senza glutine può essere applicata a tutti i Paesi.

In particolare, quello che bisogna comprendere sono:

  • Normative del Paese a cui è destinato il prodotto, per determinare i limiti di glutine tollerabili
  • Requisiti di etichettatura specifica per questi prodotti
  • Ove applicabile, le regole dei vari paesi sull’avena.

NORMATIVA VIGENTE PER I PRODOTTI SENZA GLUTINE

Il primo elemento di focus analizzato dall’articolo è proprio l’assenza di una regolamentazione armonizzata internazionale relativa ai limiti tollerabili di presenza di glutine nei prodotti per poterli definire “senza glutine” o diciture affini.

Riportando alcuni esempi citati, negli Stati Uniti, l’FDA richiede che gli alimenti etichettati “senza glutine” ne contengano una quantità aggiunta involontariamente inferiore ai 20ppm.

Il Giappone, invece, richiede che siano dichiarati tutti gli allergeni regolamentati (aggiunti deliberatamente o meno) qualora superino la soglia di 10 ppm. In Cile, il limite è di 1 ppm, mentre per l’Australia la presenza di glutine deve essere “non rilevabile”. Altri Paesi, soprattutto quelli in via di sviluppo e quelli molto piccoli, non hanno alcuna regolamentazione per i prodotti senza glutine.

PRODOTTI FERMENTATI E IDROLIZZATI

Una menzione speciale viene fatta per i prodotti fermentati e idrolizzati. L’FDA, infatti, ha pubblicato il 13 agosto 2020 una final rule riguardante l’etichettatura dei prodotti alimentari o ingredienti fermentati o idrolizzati senza glutine. Il documento afferma che per poter essere definito ed etichettato “senza glutine”, un prodotto idrolizzato o fermentato deve essere conforme alla normativa sul senza glutine prima dell’idrolisi o della fermentazione.

Questo significa che non possono essere utilizzati ingredienti contenenti glutine, a meno che non siano sottoposti a processi di rimozione. Questo perché i processi di fermentazione e idrolisi non sono considerati processi per rimuovere il glutine.

Il regolamento britannico, invece, segue le linee guida del Codex Alimentarius, secondo il quale un risultato d’analisi sul prodotto finito inferiore a 20 ppm è sufficiente per poter etichettare un prodotto fermentato o idrolizzato come “senza glutine”.

L’AVENA

Qualora un produttore voglia esportare avena, deve informarsi sulle procedure dei Paesi di destinazione. Questo perché l’avena, pur essendo naturalmente e intrinsecamente priva di glutine, è da sempre considerata ad alto potenziale di contaminazione da altri cereali contenenti glutine, durante le varie fasi di stoccaggio, trasporto e confezionamento. Per questa ragione, molti Paesi richiedono particolari procedure o diciture quando si tratta di questo prodotto.

COSA PUÒ FARE UN PRODUTTORE?

Tra i vari accorgimenti, egli può affidarsi a distributori pratici della legislazione del Paese di destinazione, consulenti o agenzie governative. Inoltre, può affidarsi ad Associazioni o enti di certificazione, per ricevere tutte le informazioni necessarie.

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